pöra mòrt…

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pöra mòrt

la töl dré tut le mesèrie
e ogni ratàra ‘n te ‘l prosàch
dele volte fòrsi ‘l par la te tampìnia
dessiguàl, da lumaciàra, strozegàndose
dré a i àrfi de le gènt, a bòtaciuch,
pöra mòrt

la còn törse dré qoei bòni
come qoei che i ghe fa ‘l vèrs
no la lédra ‘l camp da ‘l erba
la ‘mpienìss ‘l benèl de àneme
e dele volte resta ‘n bùss
pöra mòrt

vorìa dirghe: làghei chi
tuti qoéi che i fa del mal
che ghe rèstia ‘l desideri
de ruàrla la sò storia
senza che ‘l suzédia mai

Giuliano

povera morte

povera morte | si porta dietro tutte le miserie | e ogni carabattola nello zaino | alle volte sembra quasi che ti insegua | mano a mano, come lumaca, trascinandosi | dietro il respiro della gente, casualmente, | povera morte | deve portarsi dietro quelli buoni | come quelli che la canzonano | non ripulisce il campo dall’erba | lei riempie il cesto di anime | e alle volte lascia un vuoto | povera morte | vorrei dirle: lasciali qui | tutti quelli che fanno del male | ché resti loro il desiderio | di finirla, quella storia, | senza che accada mai

 

 

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4 risposte a “pöra mòrt…”

  1. Davvero forte, mi piace molto; efficace sia nei concetti, molto profondi, che nelle immagini. Azzeccatissimi e molto appropriati gli ultimi cinque versi: mi associo.

    P.S. Ho trovato le “fèrsene” anche sul Ricci: vocabolo (per me nuovo) quindi anche del dialetto di Trento. Grazie.

  2. Da Facebook:

    Saverio Gelardi

    Embè, è molto interessante questo approccio all’ eterno tema della morte, dove si esterna una pieta’ umana nei suoi confronti e sull’enorme lavoro che le tocca svolgere. Non c’è ironia in questo stravolgimento ma comprensione. E’ geniale.
    Ma la particolarita’ non finisce qui, si arriva addirittura a chiedere alla morte di lasciare ai cattivi la vita per sempre, come punizione, così la vita diventa condanna e la morte un giusto evento.
    Ho letto più volte la traduzione in italiano per poter ascoltare e comprendere la tua bella versione audio.
    Complimenti.

    Clizia Gallarotti

    ohhh Diaolin, quanto bella e vera.
    Ma prende a bòtaciuch, ha il suo modo.
    Avrà ragione lei.

    Giorgio Cogoli

    …geniale l’ultima strofa…

    Anna Schettini

    ……
    la tua delicata sensibilità anche quando parli di “lei”, la dama nera, torni sempre al senso della vita, alla dolcezza di un pensiero, dal retrogusto salato. Sono lacrime che si sentono, anche se non si vedono.
    E sei tu. E tu, sei … tut qoel che sès.

    Lina Morselli

    Sarebbe piaciuta a Wislawa Szimborska. Piace molto anche a me, grazie.

    Carmelo Serafin

    E’ come quando cadono le foglie….resta l’immagine della primavera. Religiosa al punto giusto in quel voler con/Dannare chi in vita fa patire il prossimo. Perfetta anche nel sua melopea che s’attorciglia intorno al gonfalone come un’edera.

    E come quando cadono le foglie…..e nella sua religiosità chiama la Giustizia a condannare a vivere “eternamente”, da vecchi, i Malfattori. Il badile che serve al solco come alla tomba diventa Simbolo della fatica del vivere. Resta la voglia di parlare al gonfalone con pacata Osservanza.

    Rosa Rivelli

    che bella Giuliano..devo dire che la tua voce aggiunge umana vibrazione a questo altrettanto umano bisogno di dare senso e corpo al nostro esistere..forse dovremmo tornare a “sentire” la morte come ci hanno insegnato i nostri padri contadini..le immagini che hai evocato mi hanno riportata alla mia infanzia che non conosceva ancora la disperazione..sarebbe bello recuperare quello sguardo. grazie

    Anna Schettini

    vero Rosa, bello il tuo commento, e sereno..
    dovremmo tornare alla vita, da “vivi”, per vedere la morte come fine vita, nel suo ciclo compiuto..forse non avremmo la disperazione di un traguardo previsto sin dal suo inizio. Bisogna essere epicurei, pensare alla lettera di Epicuro a Meneceo..perchè la morte non c’è quando ci siamo noi. Allora è solo una paura di vederla nell’assenza di vita nella vita, nel “nulla” che l’uomo realizza onnipotentemente per sè stesso..Forse i contadini ne sapevano certamente più di noi..frequentando la “terra”…

    Liviana Melchiori

    …te me toccà le corde el cuore….cosa che no ghe riesce più a nessuno , tanto si è atrofizzato !! grazie dialo !!

    1. Grazie dei commenti. Questa “mòrt” si sobbarca spesso un lavoro infame ed è costretta a traghettare verso il nulla l’impossibile. È un pensiero che mi sovviene spesso questa “comprensione” per questo momento pur considerandolo la fine della storia.

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