la grìl…

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la s’è data ‘n bel butón la föia seca
sdindonando sora ‘l vent le sò pasión
trivelàndo ‘n tra le ràme a delibràrse
co i sò crùzi arènt al pégol lì sul ram

la se cùna e la se làga trar entorn
fà gatìciole anca i rìci dal destràni
e i se slònga par tegnìrsela vezìna
sgrifonàndoghe la pèl, velù tut fìze

pò se sente come ‘n brèghel gio ‘n la val
par che ‘l rìo ‘l ghe ‘ntònia rèchie tormentade
e la slòica la ‘mbombiss la nòt serena

pan pianin ven su la luna a cetàr nòt
anca i àrboi i sta li, acòrti, a se polsàr
gh’è na gril che core ‘mprèsa ‘n pel spavènta

la se foga för castègne e no gh’è ‘l most

Giuliano

il ghiro

si è data una bella spinta la foglia secca | dondolando sopra il vento le passioni | scendendo a trivella in mezzo ai rami per sentirsi libera | lasciando i crucci attaccati al picciolo li sul ramo |  si culla e si lascia trasportare | per la nostalgia le fanno solletico anche i ricci | e si allungano per tenersela vicina | graffiandole la pelle, velluto avvizzito | poi si sente come un urlo dalla valle | pare che il rìo intoni requie tormentate | e la litania impregna la notte serena | piano piano arriva la luna a chetare la notte | anche gli alberi restano vigili a riposare | e c’è un ghiro che fugge intimidito | sta togliendo le castagne dai ricci ma manca il mosto

 

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3 risposte a “la grìl…”

  1. Bella Giuliano, bella poesia autunnale con bellissime immagini autunnali. Per l’occasione, il suono della fisarmonica mi sembra il più appropriato. Ma tu anche in queste cose sei maestro.

  2. Scrivendo del mio adorato Gongora, stamane mi sono trovato a citare Montale, che pure lo conosceva ed amava. Ricordavo come in “Auto da fé”, nel 1966, mentre tutti gli intellettuali italiani, per il solo bene delle proprie carriere si affannavano a proclamare il proprio “impegno”, il poeta genovese ebbe il coraggio di affermare che fare poesia è, in sé, ““un’ontologia in cui la vita intellettuale e la vita morale coincidono indissolubilmente”. Una riga che basta a spiegare anche la poetica di Giuliano; un altro che avrebbe potuto scrivere, e forse ha scritto, la propria “Non chiedeteci la parola”. In un’epoca barbara, di sentimenti esibiti ed ululati, Giuliano leviga versi, di una compostezza formale istintiva paragonabile alle esecuzioni dei grandi jazzisti, solo per raccontare le minute cose del proprio mondo; per lasciarci la rotta del suo navigare la vita. Non ci vuole istruire, ammaestrare o guidare; solo offrirci momenti di con-sentimento, farci leggere incipit di storie che sta a noi completare. Come fanno gli artisti. Come fanno, con il pudore che è degli animi davvero sensibili, i poeti.

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