viole…

      967.mp3

la sento dent ‘ndé l’anima
qoela canzon rabiosa
‘nzispàda come ‘l béghel
che ‘l sbusa anca la nòt

la ‘nfriza i mè pensieri
lasandoi lì, sgaùsi
coi òci mizi e pasi
dré ‘n spègio amico crùo

la cònta sol le storie
de gènt che à lambicà
par sìa parole strache
che ‘ngremenìs la sera

e sota, na mandòla
‘n le man de ‘n sonador
strusiàda ‘n na careza
che sgrifa ‘n sòn de paze

ma ‘l cant mi ‘l me par céndro
che sqoerge ‘l boi de brasa
pò ‘l ciel, capèl tut torc
se fa sugàr bèl cèt

su l’or del prà gh’è ‘n fior
profumo al vènt che fis’cia
e ‘n sgiànz che ‘l lo careza
fa sùbit serenada

Giuliano

la sento dentro l’anima
la rabbia di quella suonata
stizzita come il gufo
che buca anche la notte

trafigge i miei pensieri
lasciandoli li, vuoti
con gli occhi bassi e fradici
dietro uno specchio, amico onesto

racconta solo le storie
di gente che ha sofferto
sembrano parole stanche
che intorpidiscono la sera

e, nell’aria, una mandola
nelle mani di un suonatore
strusciata in una carezza
che graffia un suono di pace

ma il canto mi sembra cenere
che copre braci ardenti
e poi il cielo, cappello umido
si lascia asciugare dolcemente

sul limitare del prato vedo un fiore
profumo al vento che sibila
ed un raggio di sole che lo accarezza
lo trasforma in serenata

Riguardava questa canzone:

httpv://www.youtube.com/watch?v=R_dyy7ygEX8

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Una risposta a “viole…”

  1. Ricordo questa tua poesia.
    La ricordo bene.
    Ricordo averla letta e bevuta, in un fiato
    come a bere l’acqua ad una fonte,
    ad una sorgente.

    “la sento dent ‘ndé l’anima
    qoela canzon rabiosa
    ‘nzispàda come ‘l béghel
    che ‘l sbusa anca la nòt”

    Questa poesia è come
    quella canzone.
    per quell’antica “rebeldia”
    che ha dentro sempre un sogno
    un legame profondo intenso
    come fosse profondità della terra.
    La Terra di uno e di molti
    che diventano uno solo
    un unico cuore che batte per tutti
    come nell’amore di un uomo e una donna
    come nell’amore che è dentro la bellezza
    nascosta e graffiata
    dei poveri e degli oppressi.

    Come un canto che è reazione al dolore.
    Una lontananza
    forse costretta
    ma che torna ad essere una
    dolce serenata,che è tepore
    di una notte.
    E’ una carezza
    per quella terra di “uno”,
    L’amore di una donna
    e la sua speranza e il suo desiderio
    interminabile
    di vivere dentro lui.
    E’ anche il desiderio interminabile
    infinito di vivere con gli altri
    e per gli altri in un suono.
    Per quell’idioma, quel linguaggio dell’infanzia
    che è una lingua segreta che resta dentro all’anima.

    ” sota, na mandòla
    ‘n le man de ‘n sonador
    strusiàda ‘n na careza
    che sgrifa ‘n sòn de paze”

    Grazie per averla ripescata nel tuo forziere segreto del tempo.

    Per il piacere di respirare il profumo di viole di questa primavera.
    Ciao poeta dei Canti.

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