1. Johann Sebastian Bach

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28 novembre 2014, ore 20:45 – Molin de Portegnach – Faver

Avevo, credo, 11 anni, quando per la prima volta sentii alla radio l’Adagio, l’Adagio dalla Toccata Adagio e Fuga in do maggiore di Johann Sebastian Bach eseguita, dissero, dal grande maestro Helmut Walcha.
Credo che il nome di Bach sia stato solo una foglia dentro ad un vento fatto di suoni che fino a quel momento mi avevano accarezzato ed è diventato una folgorazione, improvvisa ed avvolgente. Esatto, proprio una folgorazione che, fino ad oggi, continua a darmi lo stesso effetto: mi sconvolge allo stesso modo di quella prima volta, tanti anni fa. Questo immenso pezzo di arte si è presentato come un delicato invito ad occuparmi di musica.
Fino a quel momento non avevo la minima idea che la musica potesse essere parte integrante della mia vita fino al punto da diventare un cammino imprescindibile.

La musica come elevazione personale, come momento unico e supremo di bellezza, forse di conforto e sicuramente di confronto con un universo più grande di quello che riuscivo a vedere attraverso gli occhi non ancora avvezzi a percepire il dettaglio del tempo.

Ecco, credo sia stato questo il mio approccio alla musica a parte, forse, il mio continuo fischiettare cercando di imitare quello che sentivo alla radio. E, a questo proposito, ricordo Albino, un signore in paese che mi aveva insegnato a fischiare, come peraltro aveva fatto durante il corso della sua vita con tutti i bambini attraverso un semplicissimo fischiettio, ed io continuavo in questo gioco nato da lui anche sulle note di canzoni o pezzi classici fino all’incontro con J.S.Bach.

Credo sinceramente che J.S.Bach sia stato il primo ad estrapolare da quel pensiero, fatto di suoni conseguenti di quarte, quinte, ottave, dissonanze ed alterazioni,  un’architettura di voci poggiate su di un equilibrio delicato che assomiglia, per il mio modo di vedere, alle interazioni umane nel loro continuo rimaneggiamento verso un irraggiungibile destino o voglia di bellezza.

Quindi vorrei iniziare la serata proprio su questo Adagio nell’interpretazione di Walcha per parlare con voi due di ciò che voi ritenete sia il vostro rapporto con le cose e con le persone. Mi piacerebbe sentire una  vostra interpretazione di questo immenso pensiero attraverso il vostro essere poeti, scrittori, musicisti e semplicemente uomini.

J.S.Bach fece un grande viaggio durante la sua vita esplorando sensazioni fino a quel momento quasi sconosciute, sia con la voce umana che con l’orchestra, e portò alla ricerca del sublime lo strumento principe: l’organo a canne.
Voi avete fatto diversi viaggi nella vostra vita che credo continuino a portarvi quelle stesse sensazioni anche se appoggiate a giochi interpretativi differenti.

Avrei definito questa sera “Il canto delle parole” ma vorrei lasciare a voi l’onere di raccontarci un titolo che scriveremo forse dopo, dopo avere ascoltato.

La scelta di questo Adagio non è casuale, come avrete ben compreso, la sua caratteristica sonorità “italiana” lo rende il compagno di un tragitto che ogni tanto si ripresenta con le sue delicate progressioni che sembrano tracciare un percorso a tratti conosciuto ma che si rivela, ogni volta, diverso. Il colore della vita credo sia assolutamente il senso di questo monumento musicale, la “Toccata, Adagio e Fuga”, che trova la sua apoteosi proprio nell’Adagio delicato e greve, intenso e leggero.

Vorrei appunto che questo diventi il tratto portante di questa serata che ho legato a questo musicista considerandovi molto simili proprio a questo Adagio.

Ho scelto Helmut Walcha, un organista del secolo scorso, cieco non dalla nascita ma progressivamente dal momento in cui all’incirca ha iniziato a studiare l’organo: era un grande, immenso esecutore ed allo stesso tempo un improvvisatore e compositore di rara finezza. La sua “vista” si è riversata nel nostro ascolto attraverso un uso attento della tecnica interpretativa portata all’apoteosi del suono.

E, a seguire, la meraviglia: La passione secondo San Giovanni!

Quella che chiamo “l’affondo nel cuore”, la staffilata feroce che ti porta a sentirti penetrare profondamente in questa storia, base del Nuovo Testamento cristiano. Come in una specie di battesimo, nell’acqua smossa dai due oboe che caratterizzano l’inizio, il primo incredibile corale ti immerge in un discorso che continua a far cozzare una contro l’altra queste due voci che sembrano arrivare da lontano. Qui sopraggiunge un racconto immediato ed improvviso di una storia di dolore; disegnata su una partitura diventa, dall’inizio alla fine attraverso le peripezie delle abili mani del compositore, una preghiera che, se non fosse per il testo potrei definire laica. So per certo che molti non saranno per nulla d’accordo con la mia definizione ma lascio a voi il compito di raccontarci la vostra idea per renderci partecipi dei vostri pensieri più profondi.

Noi ascolteremo all’inizio della serata, come un’introduzione all’ascolto, l’Adagio e poi verso la metà della sera proseguiremo con “Ich folge dir gleichfalls” dalla Passione secondo San Giovanni.

Spero riuscirete ad aiutarci a scoprire chi siete anche attraverso lo spunto di questa musica.

Diaolin

 

(traduzione S.Forner e Robert Mitterrutzner)

28 November 2014, 20:45 am Molin de Portegnach Faver, Italien

Ich war – so glaube ich – elf Jahre alt, als ich im Rundfunk das Adagio aus der Toccata, Adagio und Fuge in C-Dur von J.S.Bach, gespielt vom großen Meister H.Walcha, hörte.

Ich dachte, der Name Bach sei nur ein Blatt im Wind von Klängen gewesen, die mich zu der Zeit gestreichelt hatten, doch plötzlich entwickelte sich daraus ein einhüllender Geistesblitz. Genau, ein Geistesblitz, der heute wie damals auf mich wirkt: er erschüttert mich wie beim Ersten mal, vor vielen Jahren. Dieses grandiose Kunstwerk, erschien mir wie eine zarte Einladung, mich mit Musik zu beschäftigen.

Bis zu diesem Zeitpunkt hätte ich nie geahnt, wie Musik mich prägte und somit ein wesentlicher Bestandteil meines Lebens wurde. Der Weg zusammen mit Musik, war unvermeidlich geworden.

Musik als persönliche Erhebung, als einzigartiger und höchster Augenblick der Schönheit, vielleicht des Trostes, jedoch sicherlich der Vergleich mit einer größeren Welt als ich durch meine Augen sehen konnte, da sie noch nicht daran gewohnt waren, die Zeiteinzelheiten wahrzunehmen.

Das – glaube ich – war meine Annäherung zur Musik, oder vielleicht doch das ständige Pfeifen, indem ich versuchte, das nachzuahmen, was ich im Rundfunk hörte. In diesem Bezug erinnere ich mich an Herrn Albino, ein Mann aus meinem Dorf, der mich das Pfeifen lehrte, so wie er es mit allen Kindern, sein ganzes Leben hindurch getan hatte. Ich setzte sein Spiel fort, pfiff nach Noten, von Gesängen oder klassischen Stücken bis zur Begegnung mit Bach.

Ich glaube, Bach sei der erste gewesen, der dem Gedanken von Folgeklängen; Quarten, Quinten, Oktaven, Dissonanzen und Alterationen, eine Stimmstruktur aufgebaut hat, die auf einem empfindlichen Gleichgewicht ruht: eine Struktur, die meiner Meinung nach menschlichen Verhältnissen, in ihrer andaürnden Anpaßung an ein unerreichbares Schicksal oder der Sehnsucht nach Schönheit ähnlich ist.

Ich möchte diesen Abend genau mit dem Adagio beginnen, gespielt von H.Walcha, um mit euch über euer Verhältnis zu Dingen und Personen zu sprechen.Ich möchte euch einladen, diesen rießigen Gedanken, als Dichter, Schriftsteller, Musiker und als Menschen, zu interpretieren.

Bach unternimmt in seinem Leben eine lange Reise, wobei er Gefühle untersuchte, die zu der Zeit unbekannt waren, die weder in der menschlichen Stimme als auch im Orchester hörbar waren. Die Pfeifenorgel – das Hauptinstrument, führte er auf die Suche nach Erhabenem. Ihr habt mehrere Reisen in euerem Leben gemacht, die euch wahrscheinlich dieselben oder ähnliche Empfindungen geschenkt haben, obwohl sie mit anderen Interpretationsspielen verbunden sind.

Ich hätte diesen Abend “der Gesang der Worte” genannt, ich möchte euch aber die Last lassen, einen Titel zu finden, den wir vielleicht später, nachdem wir der Musik zugehört haben, aufschreiben.

Ich habe dieses Adagio nicht auf gut Glück ausgewählt: seine kennzeichnenden “italienischen” Klänge, zeichnen durch ihre zarten Sequenzen einen manchmal bekannten Weg vor, der sich jedes Mal anders vorstellt. Ich glaube die Lebensfarbe sei der Sinn dieses vortrefflichen Musikwerkes, die Toccata, Adagio und Fuge, die seinen Höhepunkt gerade im zarten und schweren, kräftigen und leichten Adagio findet.

Ich möchte als Kennzeichen dieses Abends; den ich mit diesen Musiker verbunden habe, mit euch dieses Adagio mit euch betrachten.

Ich habe H.Walcha gewählt, einen Orgelspieler des vergangenen Jahrhunderts, der stufenweise erblindete als er das Orgelspielen zu erlernen begann: er war sowohl ein großer Spieler als auch ein feiner Stegreifspieler und Komponist. Seine “Sehkraft” hat er durch eine sorgfältige Vortragstechnik in uns Zuhörern umgesetzt.

Und danach das Wunder: die Johannespassion!

Die ich “den Stoß ins Herz” nenne, der wilde Hieb, der dich in diese Geschichte tief hineinführt, die die Basis des Neuen Testaments ist. Wie bei einer Taufe, das von zwei Oboen bewegte Wasser, welche den Anfang kennzeichnen, der erste unglaubliche Choral lässt dich in ein Gespräch eintauchen, das diese zwei scheinbar entfernten Stimmen ständig aneinander stoßen lässt. Hier kommt eine Erzählung von Leid, welche durch die Wechselfälle der geschickten Hände des Komponisten zu einem Gebet wird, welches ich als konfessionslos bestimmen möchte. Ich bin sicher, daß viele mit meiner Interpretation nicht einverstanden sind, deshalb will ich euch dazu einladen, eure Meinungen, Empfindungen und tiefsten Gedanken mit uns gemeinsam zu teilen.

Am Anfang hören wir als Einführung das Adagio und danach “Ich folge dir gleichfalls” aus der Johannespassion.
Ich hoffe wir können uns gegenseitig dahingehend unterstützen um herauszufinden wer wir sind. Die Musik nützt uns dabei als Pferd auf die Reise zu uns Selbst.

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2 risposte a “1. Johann Sebastian Bach”

  1. Riporto da Facebook:

    Roberto Maestri

    Una serata pacata, intensa e fuori dagli schemi. Grazie a Diaolin Giuliano Natali, Guido Comin PoetaMatusèl, Massimo Pisetta e, naturalmente, a J. S. Bach.

    Stefano Fait

    “fuori dagli schemi” è il marchio di fabbrica di Diaolin. Non ci interessa nulla di meno ;o)

    Mauro Pallaver

    Del commento di Roberto Maestri, cui mi associo volentieri, mi piace che la definisca “intensa”. La scelta di brani di Bach non così di facile ascolto ha contribuito certamente. Mi inquieta invece quell’aggettivo “pacata”. Da un incontro con due personaggi stimolanti stimolati dal conduttore Diaolin mi attendevo non certo pacatezza ma stimoli anche scomodi. Come ho anticipato a Diaolin, la limitatezza del tempo ci ha impedito forse di conoscere “meglio” persone che avevano certo qualcosa da darci; l’indignazione civile di Guido, il suo spessore umano, la storia di Massimo che ha attraversato momenti decisivi per la nostra regione e forse per l’Italia, facendo la “propria” strada. Mi sa che chiederò l’amicizia su fb a Guido Comin, potenzialmente scomodo ma proprio per questo intrigante. Grazie a Diaolin ed a Sorgente90. Ca va sans dire, anche a Bach

    Roberto Maestri

    L’aggettivo “pacata”, Mauro Pallaver, l’ho inteso come possibilità offertaci dal nostro Diaolin al fine di permettere un momento di riflessione all’interno degli ascolti musicali ma non solo, dove parole, musica, emozioni si sono sovrapposte intrecciandosi ai pensieri provocati dai racconti degli autori.

    1. Dopo il virtuosismo fuori portata della toccata (la mia portata tecnica intendo), tutto proteso nell’attesa della fuga finale altrettanto virtuosa, m’era sempre sfuggita la bellezza di questo Adagio, dici bene, nello stile italiano del Concerto Grosso. La quiete di una radura dopo l’intrico di una selva, riposo dopo i voli turbinosi della Toccata. Non a caso nella tonalità di La min, meditativo prima della riaffermazione solida della fuga finale nella tonalità illuministica di Do mag.

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