Toccata
Sarebbe una forma musicale antica con un sapore allegro e preparatorio alla fuga o meglio, in questo caso, all’adagio.
Vi chiederete cosa sia questo gioco di voci che compongono la toccata verbale che rappresenta qui l’introduzione, a volte feroce, al componimento poetico.
Rappresenta un gioco sinuoso nei miei pensieri, sulle corde del senso che non vorrei mai accarezzare ma queste sono, a mio avviso, e come tali le riporto sotto le gocce d’inchiostro di una penna ciarlona. Non darà spazio a una sequenza logica basata sulla realtà ma mischia la mia percezione e la trasforma nel mio senso del vivere o morire che dir si voglia. In fondo siamo così, esistiamo finché respiriamo e poi…
ci toccherà morire e tutto il nostro mondo, quell’assurdo e bellissimo mondo, continuerà senza di noi e questa è una realtà tangibile. Ho scritto una volta che qualcuno meriterebbe di non morire mai (cfr. pöra mòrt) ma questo sarebbe una condizione eccessiva anche se necessaria per comprendere che la morte non è una pena ma un premio. Dobbiamo fare in modo di essere persone migliori e pensare al fatto che il rapporto con il prossimo non è sia la scelta del singolo ma una necessità comunitaria per convivere, insieme a chi è diverso da noi.
“Restare umani” è un racconto che sembra un mantra inflazionato ma si rivela l’unica strada per far sì che questa “Toccata” diventi una stretta di mano o un abbraccio e un inno alla vita.
Punto.
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