Adagio

La vita continua nel suo lento e immane incedere, ti pone di fronte ai tuoi dubbi e ti fa rendere conto che, non sempre, si possa pensare di essere dalla parte della ragione. Nella maggior parte dei casi non posso ammettere di essere né dalla parte giusta e neppure quella sbagliata, molte volte mi ritrovo in un limbo, statico, che mi impone di ripensare ai miei giorni. E qui nascono i dubbi potenti e, a volte, tragici che riportano il mio pensiero alla realtà che non si attarda a farsi viva. Vorrei riuscire a farmene una ragione e superare questo scoglio a pié pari ma sono attanagliato da questo pensiero che si rievoca attraverso i discorsi della gente e della politica. Io comprendo bene che non è possibile farsi carico del male del mondo e neanche interiorizzarne gli aspetti più truci, sarebbe una malattia dalla quale non si uscirebbe mai più però questo non mi fa chiudere né gli occhi e neppure la mente e riesco a pensare ad altro che non sia il tragico destino dei bambini, gettati a capofitto in un bombardamento o in un massacro senza pari.

E la domanda, lenta e inesorabile come questo Adagio è: quale sarebbe la loro colpa, perché il destino(noi adulti) si accanisce su di loro?

Non ho risposte certe ma trovo le motivazioni vacue e, sicuramente, non innocenti: siamo una specie, quella umana intendo, che continua a ritenersi intelligente e che riesce a produrre cose furbe ma che non è immune dall’auto annientarsi. Vorremo essere candidi, integri e puri ma cozziamo con la nostra voglia illimitata di possesso che ci porta a quello che riteniamo sbagliato e no abbiamo il coraggio di combattere a viso aperto.

È un Adagio lento, no non è un ossimoro, leggetelo come un invito a rallentare e ad aprire gli occhi.

 

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Prima chiusa…

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Se sfanta anca ‘l dì, pan pianìn
e sgócia la sera, pitùra de ross,
la scórla ‘n tamìss tut de stéle
a ‘ndoràr scùre nòt de lumàte
vèn brèghei de péss, su da ‘l rìo
i ónge ‘l carùgen de luna scampàda
dré al mont, scondiléoro dal sol
me sènto la vita che rósega crùa
penséri, po’ ‘nsògni, no gàto ‘l mè nar
la par tuto spini, rovare e sonade
ma vèn för dal bósch, vestì sù de paura
en nèno,  ‘n caorét, l’encanta ‘n sorìso
l’è vìo anca par mi

Giuliano

Prima chiusa…

si sciolgono i giorni, pian piano | e la sera gocciola pitture rossastre | vibra dolce un  setaccio di stelle | indora a coltrine scure notti di lucciole | salgon preci di pesci dal rivo giù in fondo | imburrano il buio di una luna sparita | dietro al monte, di nascosto da un sole | io sento la vita che morde le corde | pensieri, poi sogni, non trovo una via | mi sembra di spine, tutta rovi e canzoni |  d’improvviso dal bosco, spaurito monello | un cucciolo, un bambi, mi sovviene un sorriso | è vivo, per me

Musica: La Roulotte

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