Digressioni sulla Civiltà (i testi)

(Antonio Della Rocca)

 

 

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Non riesco a mettere tutto il testo letto da Antonio ma almeno la canzone ed un paio di cartoline le voglio mettere lo stesso per il significato profondo…

 

Cartolina n. 1 6.8.1915 prof. Ettore Gregoretti

LAVEZZARI Giuseppe Giulio

 

Nato a Vigevano il 12 maggio 1849 milita nei garibaldini nella III Guerra d’Indipendenza ed è presente alla battaglia di Bezzecca dove viene ferito da un colpo di baionetta. Terminata l’avventura militare per la quale era stato decorato, emigra dapprima in Francia dove gestisce un piccolo albergo e poi a Londra dove contrae matrimonio ed ha un figlio. Ormai anziano, ma sempre attivo apprende, a Londra, dove si occupava della vendita di giocattoli, dell’entrata in guerra dell’Italia e parte immediatamente per arruolarsi all’età di 66 anni. Dapprima è accolto con una certa incredulità, poi vista la sua tenacia e i suoi trascorsi (si era presentato all’ufficio reclutamento in camicia rossa e decorazioni guadagnate sul campo) viene arruolato nel 35° fanteria. Impiegato, sempre come volontario, per il rischioso incarico di recidere i reticolati, il 15 luglio 1915 fece parte di un attacco a un fortino nemico sul monte Podgora. Al comando di attacco balzò fuori per primo dalla trincea incitando i compagni a seguirlo e, sbottonando la giubba grigioverde, mostrò al nemico la camicia rossa che indossava sotto. Essendo alla testa della prima ondata d’assalto, il fuoco nemico si concentrò su di lui e cadde, più volte colpito, urlando ai compagni il grido di “avanti Savoia”. Per l’intenso fuoco dell’artiglieria nemica non fu possibile ricuperarne il corpo, per diversi giorni, dalle postazioni italiane, fu visibile la sua camicia rossa.

La canzone di Lavezzari

Il 24 maggio,
la notte della guerra,
Giuseppe Garibaldi
uscì di sottoterra.

E andò da Lavezzari,
che si beveva il vino;
gli disse: «Lavezzari,
vecchio garibaldino,

Lavezzari, vecchio fante,
è scoppiata un’altra guerra,
ma io non posso andarci:
perché sono sottoterra.

Camerata di Bezzecca,
mio vecchio portabandiera,
va’ te sul Podgora,
e porta la mia bandiera!»

E allora Lavezzari
senza il becco di un quattrino
– non aveva che la camicia
e due soldi per il vino –

si prese la camicia,
dimenticò gli affanni,
e salì nella tradotta
come uno di vent’anni.

E il 19 luglio
arrivò sulla trincera,
si levò la giubba verde,
mostrò la sua bandiera.

E disse ai volontari
romagnoli e triestini:
«avanti alla baionetta,
e fate i garibaldini!»

E in testa a tutti i fanti
uscì dalla trincera
con la camicia rossa
che era la sua bandiera.

E i fanti della Giulia,
di Romagna e del Trentino
lo seguirono all’assalto,
e occuparono il fortino.

Ma lui non era pago,
oltrepassò il fortino,
e mosse verso il Peuma
e il Monte Sabotino.

Quattro portaferiti,
passata la bufera,
uscirono a cercare
il corpo e la bandiera.

Finalmente con la luna,
che uscì dal Sabotino,
essi videro tra i massi,
il vecchio garibaldino.

Egli stava sull’attenti
davanti al Generale,
che gli appuntava al braccio
i galloni da caporale.

E i morti dell’Isonzo,
fanti, honved, graniciari,
presentavano le armi
al vecchio Lavezzari.

Garibaldi dié il piedarme,
lo baciò due volte in fronte,
poi sparirono con la luna
che discese dietro il monte.

Giulio Camber Barni

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6 risposte a “Digressioni sulla Civiltà (i testi)”

  1. Da Facebook:

    Suchert Daniel Di Schuler

    La montagna è una cattedrale.
    Una cattedrale gotica, che porta il cielo in terra ed innalza l’uomo ed i suoi pensieri al cielo.

    Una via crucis laica,
    è quel che ha organizzato Giuliano. Un’operazione tanto necessaria quanto contraria allo spirito dei tempi: nell’età del multi-tasking, dell’intrattenimento continuo, del rifiuto della riflessione mascherato da fuga dalla noia, condividere testi come “nuclei di pensiero” quindi mettere ognuno – tutti nella condizione di dovervi meditare sopra. Ognuno perché di ognuno è la fatica della salita. Tutti perché collettiva, comune (e anche questo quanto è opposto alla ferocia imperante dell’individualismo di massa) è la volontà di portare a termine il cammino. E, come in una via cruscis, c’è anche il sacro. Quello che ci scopriamo dentro: quello che avvertiamo ineffabile, proprio in cima ai monti o in mezzo al mare, al confine tra noi e l’immenso; tra noi e l’eterno. Una passeggiata in montagna e qualche poesia. Un happening e un momento di Resistenza.

  2. Commentare…difficile qui da te, caro amico, lasciare un commento. I tuoi pensieri, le tue poesie mi lasciano, mi regalano delle sensazioni che sono un po’ come i sapori, non riesci a descriverli ma li ricordi a lungo e ti fanno sentire a casa oppure viaggiare con il pensiero.
    Spero tanto, un giorno, di poter passeggiare e condividere pensieri insieme.
    Un abbraccio.
    Mìgola

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