Terlaìna – Ragnatela

Giorno 1, aprile 2023

l’oreficeria

Ogni mattina, ormai da tempo, percorro gli stessi passi per arrivare al negozietto di Sover dove, da alcuni anni, due giovani del posto si sono presi l’onere di mantenere viva l’unica oreficeria del paese. La chiamerò l’oreficeria perché è l’ultimo avamposto a sostenere quel piccolo tesoro che è questo paesino di montagna. Un lavoro che, credo, sia fatto di una dedizione a volte anche eccessiva per una missione che credo porti a risultati ben lontani dalle possibilità che ci sarebbero in altri luoghi tipo una cittadina come Pergine Valsugana o addirittura Trento. I due ragazzi stanno facendo tutti gli sforzi possibili per evitare la morte prematura della nostra piccola comunità. Non serve molto a chi vive in questo piccolo borgo ma deve necessariamente essere qualcosa più di niente. Ci sono le auto, è vero, e pure Amazon ma non per tutti. Ma uno di questi giorni affronterò la questione in maniera più dettagliata.

Nel mio breve tragitto passo pedissequamente per lo stesso portico antico, el Pòrtech del Piti, che sostiene immutabile una delle vecchissime case del paese. Un’arcata di sassi squadrati da mani sapienti, accanto a un dipinto consunto, sostiene una piccola casa che copre il passaggio, tra i viottoli in ciottoli a tratti coperti di asfalto, che porta alla chiesa tra i profumi degli avvolti riempiti del tempo che allenta le maglie del vivere in intensi ricordi dei canti e del vociare di gente impegnata nel gioco delle bocce d’estate.

Si mischiano ricordi e presente nei miei pensieri, sono fatti di piccoli gesti ripetuti inconsciamente nel viaggio di rinascita quotidiana che porta a un caffè e, molte volte, a un sorriso. Tra un dolce all’uvetta e tre pezzi di pane, a officiare una religiosa e personale messa laica salutata da un buongiorno giocato sulle labbra inumidite dal gusto di un risveglio, si alza un giorno non sempre bagnato da un raggio di sole ma sempre nuovo e cercato come fosse l’ultimo.
Attorno c’è un mondo di gente che non esiste che per chi se ne accorge davvero. Ragazzini alla fermata dell’autobus, con la mascherina in mano, attendono stanchi. Un viaggio breve in direzione futuro, la maschera in faccia, “Hijab de noantri”. Ma per proteggere chi?

Proseguono indifferenti le automobili sulla strada, verso “Tutte le direzioni” come sostengono i vaghi cartelli messi accanto alla strada per indicare la via da seguire per giungere alla propria destinazione.
Ci ho pensato molte volte e ho sempre considerato quei cartelli troppo generici ma, ultimamente, mi rendo conto che danno la possibilità di avere un’altra via d’uscita. O, perlomeno, una via alternativa per fuggire verso lo stesso destino.
Magari mi sbaglio ma credo che l’ottimismo sia una delle strade più comode per andare avanti sereni quindi tengo per buono il cartello tanto odiato.

Tutte le direzioni!

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L’agnèl sóra ‘l barcón…

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A contarvela polìto
cògno avèrger, ‘nsèma a i òci,
anca i scuri de la mént
sfodegàr ‘n de qoéla càneva
e tegnìr par man, segùr,
en bèl làpis, sentimént
che, se ‘l làgo córer sol
el sfrisóna a modo sò
sia la carta che’ l taolìn
come ‘l bòstrico sui péci

‘n tra strangóssi e trèi siràche
se svesìna su ‘n barcón
en putàt tut scur, stremì
valgun córe a dar na man
òci passi, i par che i préghia
el gà ent storie precìse
de i boldraschi che aven chive
l’à perdù la voze al vent
qoel popin da i rizzi negri
e a la fin l’è arivà al sut

giust en temp, par sacrifizi
su l’altar del nòss rognàr

Giuliano

L’agnello sul barcone…

Se voglio raccontarvela bene
devo aprire, assieme agli occhi.
le persiane della mente
razzolare in quella soffitta
e prendere per mano, decisa
la matita del pensiero
se la lascio correre sola
traccia solchi a modo suo
sia sul foglio che sul banco
come il bostrico tipografo

e tra un pianto e tre bestemmie
si avvicina su un barcone
un ragazzo scuro, impaurito
qualcuno si tuffa a dare una mano
gli occhi bassi, come in preghiera
ha con sé le stesse storie
dei ragazzi dei miei luoghi
ha perduto la voce nel vento
quel bimbetto coi ricci neri
e alla fine è qui all’asciutto

giusto in tempo, per il sacrificio
sull’altare della nostra ignavia

 

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