el sgol…

ti m’às robà le àle, sbregàndomele via
precìss a doi calzòti strapaciàdi
arbandonadi sóta ‘l or del canapè
giugàtoi par en mìn perdù ‘n de slìnchi
e rufianàde

le as töte sqoàsi che le fùss sol tòe
farfale bianche, cète, ‘n còsta al vènt
e resto malsaorì su ‘l or del sgrèben
coi smozegòti, gropi ‘n mèz la schena,
e l’è sol spìzza

se lassa crodàr gió dai òci ‘n sofi
pitùra che sdindòna dent na làgrema
e i pèi, sènto che i slìzega, solévi
sgolàndo sora ‘i péci ‘mbesuìdi
sfalìva ‘l fum

de ràsa

Giuliano

il volo

tu mi hai rubato le ali, strappandomele  via | come fossero dei calzini sciupati | abbandonati sotto il bordo del divano | giocattoli per un micio perso in salti e arruffianate | le hai prese come fossero le tue | farfalle bianche, silenziose, in costa al vento | e resto insoddisfatto sull’orlo del dirupo | coi moncherini, nodi sulla schiena, | che  fanno solo prurito | si lascia cadere dagli occhi un soffio | immagine che dondola dentro una lacrima | ed i piedi,  li sento scivolare, leggeri | volando sopra gli abeti, ammutoliti, | sfavilla il fumo | di resina

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3 risposte a “el sgol…”

  1. Da Facebook:

    Anna Schettini

    non è il volo di Icaro, un volo cercato per imitazione con la natura…Questo volo è il gioco umano, l’incertezza umana che cerca di volare senza sapere..se cade..

  2. Sempre da Facebook:

    Guido Comin

    A chi mi rubasse le mie di ali, augurerei buon volo, icareo o meno! Vorrebbe dire che ne aveva più bisogno di me. Oppure gli augurerei che andasse a schiantarsi da qualche parte, con le mie ali. Dipende dal giorno… Nel selvaggio West degli USA, impiccavano senza tanti complimenti chi rubava un cavallo; e non per nulla: rimanere a piedi poteva significare la morte, per il derubato!

    Guido Comin

    Stupenda anche questa, Diaolin! Sto prendendo proprio gusto a leggerle a voce alta, benché mi ci vogliano parecchie prove, prima di riuscirci… 😉

    Diaolin Giuliano Natali

    Grazie Guido Comin, però è necessario se vuoi capire. Le registro proprio per questo.

    Credo che le nostre lingue, indonesiano, tedesco, lilipuziano o lingua dei puffi che sia, siano più che altro suoni e che cercare di fare poesia sia anche rendere un suono duro o piacevole ma pur sempre un suono… Si debbono scrivere, ne sono convinto ma prova a scrivere “te sbòro” come lo dicono a Venessia… 🙂 hai presente il suono? Scusa per l’esempio ma è il primo che è venuto… ma credo esprima in tutto la sua crudezza la differenza tra uno scritto ed il parlato. Le nostre lingue sono parlate prima che scritte, ed alle volte scrivere implica il fatto di dover aggiungere qualcosa che, nel parlato, si direbbe con un silenzio.

    Stefano Battocletti

    Resti semper senza flà
    canche te scouti, e sol dopo lezi, dopo,
    par ciapir pu ben le to parole
    che le me slipegia plan plan ‘n tel cuer…

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