le parole che no sài…

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come fonte a recordàrme le paròle che no sài
che no ài dit, par darme pàze o scoltar el vènt revèrs
l’è sfrizzóni che i me strénge ‘ndòss sintéri de farlèt
che i sfaliva sot le scarpe a contar le sò passión
me le cerco dent ‘n de ‘l niènt, fitalìn de la mè testa
empienùda sol de réfoi che i despètena ‘l desèrt
le rembomba a s’ciòchi fìssi come ciòche l’angonìa
e le smòrbia i làori sùti carezzàndoli de ràsa
po’ le scampa e ‘n ciel le sgóla liberando dal strangóss
tut el tórc che ‘l sgócia mizz delevà da ‘n sol lontan
vegnù a törme ‘n mèz a ‘n bósch ‘n de na festa de boiari
senza pànder niènt de che, l’è sol tìa che ‘mpizza ‘l föch

Giuliano

le parole che non so…

come faccio a ricordarmi le parole che non so | che non ho detto, per darmi pace o per ascoltare il vento di tramontana | sono fitte che mi stringono addosso sentieri di strame | che fruscia sotto le scarpe raccontandomi la sua pena | me le cerco dentro il niente, inquilino della mia testa |  riempita solo di refoli che spettinano il deserto | rimbombano a schiocchi intensi come campane a morto | ed ammorbidiscono le labbra asciutte carezzandole di resina | poi fuggono e volano in cielo liberando dall’angoscia | tutta la pioggia che gocciola umida sublimata da un sole lontano | venuto a prendermi nel bosco in una festa sull’alpeggio | senza rivelare niente, è solo teda che accende fuochi

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12 risposte a “le parole che no sài…”

  1. Ho dovuto interpellare il dizionario Treccani per vedere “tia” tradotta “teda”.
    Per il resto mi sembra di trovare ancora un’involuzione, un affastellarsi di pur belle immagini delle quali però, tardo come sono, non colgo l’insieme.

  2. Questo tuo poetare senza respiro, lascia delle fessure, attraverso le quali si intravede un mondo, come da una porta chiusa.

    1. Grazie del commento, e ti ringrazio pure di quel “senza respiro” che mi rammenti spesso e che percepisco quando registro lo scritto. E sulle fessure attraverso la porta chiusa hai praticamente trasformato in poesia la parola “ermetismo” 🙂
      Lascio la porta chiusa per non far passare troppi spifferi

      Grazie, Andrea

  3. Ho letto e riletto questi tuoi versi che mi hanno lasciato un senso di angoscia. Mi arriva un senso di impotenza, di impossibilità che non lascia respiro. Quel “inquilino della mia testa” ne diventa una sintesi emblematica. Tutte le figure in contrapposizione alla ricerca della pace sono senza scampo, strame…pena…deserto…campane a morto….
    Quel “volano in cielo” della seconda parte sembra liberatorio ed arriva pure il simbolico sole ad aprire spiragli, ma ecco quel “è solo teda” che tacita la speranza e il sole diventa solo strumento di accensione di un ardere che continua. Il come faccio rimane senza risposta.
    Non so, forse sono andato per conto mio e può succedere quando il pensiero viene illustrato da simboli, ma io ho sempre pensato che comunque l’importante sia trasmettere emozioni. Chi si esprime parla di se ma anche chi interpreta filtra con il suo sentire.
    Buona serata

  4. La vertigine é nelle immagini e sensazioni che si susseguono, in una fuga che potrebbe essere senza fine. Il genio é in particolare ‘come fonte a recordàrme le paròle che no sài’ e ‘fitalìn de la me testa’.

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