Terlaìna – Ragnatela

Giorno 2, inverno 1977

l’anima

Oggi minaccia pioggia, il portico è grigio e un gatto, anzi una gatta, accovacciata sul finestrone che dà su quella che era la piazza delle bocce, mi guarda annoiata e fa le fusa girandosi sul dorso. Appena provo ad avvicinarmi lei si scosta, con fare regale come sovviene ai gatti e rovista con le unghie affilate tra i trucioli di un tronco abbandonati accanto a un ciocco che serviva sicuramente a spaccare la legna.
Poi cambia idea e scappa.

Una folata di vento mi riporta alla mia passeggiata mattutina e sbuco con calma di fronte alla Chiesa, sul “granàr”, come lo chiamano qui a Sover: una scalinata di “salesà” (acciottolato) dove risuonano da centinaia di anni le chiacchiere del paese. Due epigrafi, appese su una specie di bacheca comunale, raccontano di storie interrotte in due paesi vicini e di vite che proseguono sulle locandine di commedie in dialetto a teatro, chiude il tutto un avviso di chiusura dell’acqua ormai consunto dal tempo ma dolorosamente attuale viste le condizioni del nostro acquedotto. Ma tant’è, pare che l’amministrazione voglia mettercela tutta ed intervenire per rivedere il tutto.  Il mondo appare normale superata l’uscita della pinacoteca del paese, el pòrtech, con le sue porte dei “vòlti” chiuse che nascondono favole di odori stantii, luoghi di gioco per pochi topi, spariti anche quelli,  che corrono rapidi sulle travi corrose dal tarlo, cantore di notti nel buio di luna lasciata all’addiaccio al di fuori dell’androne.
Riaffiora un ricordo importante, lo posso chiamare poesia anche se non l’avevo percepita tale nell’attimo in cui è accaduta. Era, credo, il 1977 ed ero nel bar dei miei, stavo suonando con la mia “zibòga”. A un certo punto, verso le due del pomeriggio, entra un signore, el “Paolo de la luce” di Brusago, si siede e ordina una spuma. È una gran brava persona, molto affabile e credo abbia un debole per Sover, viene spesso qui. Gira per le case per raccogliere le letture dei contatori della corrente elettrica, allora le letture erano manuali. Seduto al tavolo si sofferma su un articolo di giornale e borbotta tra sé qualcosa, mi guarda pensieroso e mi dice: “Às legiù la notizia che el Barnard el gà cambià el còr a uno con qoél de ‘n putèl che ‘l gà fat en incidente?” – “Ma zèrto, e me è parèst na gran bela roba” – aggiungo io e lui continua: “Ma qoel òm che à ciapà el còr de qoél altro gaveràl ciapà anca tut el sentiment che gaveva el donatore? Parché, me capises ben, fin che i te cambia en rene l’è en cònt ma el còr el gà ent tute le tò sensazion! Me capises?”
Sinceramente non ho percepito subito la drammaticità di quel dire, ero troppo giovane per farla mia e credo di averla ridiscussa parlando del fatto che il sentimento è proprio del cervello e non del cuore adducendo un sostegno scientifico al mio dire ma Paolo non mi era sembrato assolutamente concorde. Continuava a dirmi che quando hai un dispiacere ti fa male al cuore e quindi i sentimenti non possono che essere conservati lì.
Resta indubbio che il fatto mi ha colpito molto visto che sono qui a raccontarlo e credo che Paolo abbia messo onestamente in dubbio la leicità del trapianto perlomeno da un punto di vista etico. Non era forse vero che se il cuore conteneva i sentimenti del donatore quelli del ricevente sarebbero rimasti in quello espiantato perché malato? Quindi tutto l’amore per chi si conosceva prima e la vicinanza con i familiari veniva d’un sol tratto a svanire quasi colpita da un soffio di vento su un fiore maturo di tarassaco. Devo ammettere che ripensando a quella scena e a quel momento mi batte forte il cuore.
Era forse troppo per lui? O i trapianti erano rivoluzioni mal percepite dall’uomo comune che, a quel tempo, vedeva nell’età dei sessant’anni un traguardo già buono?

Non lo so, vado a fare la spesa, stamattina i “bèchi da l’ùa” (pane all’uva) sono finiti e mi accontento del pane bianco.
Naturalmente un caffè non lo si nega a nessuno. Andiamo avanti, sempre sulla stessa strada.

 

Questo/a opera è pubblicata con una Licenza Creative Commons
Free Cultural Works






4 risposte a “Terlaìna – Ragnatela”

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

 characters available