Le machine, l’è machine…

C’era una volta una bella fanciulla con i riccioli d’oro che abitava in un castello dorato…

No, aspettate, non è questa la favola e non era una volta, ma ai giorni nostri.
Il castello era una casetta di montagna, in mezzo ai prati, vicina ad un bel bosco di larici.
Ecco, questa è la casa e la ragazzina di cui andiamo a parlare non ha i riccioli d’oro, è una ragazza dai capelli neri piena di lentiggini che ha 7 anni e vive qui, insieme ai suoi genitori.

Va a scuola, ogni mattina, seguendo il sentiero che attraversa il bosco, frequenta le elementari del paese.
Ci sono pochi ragazzini in questa scuola, qui siamo lontani dalla città, non abita quasi più nessuno quassù su queste montagne, solo chi ha resistito all’onda della comodità, per vivere sereno in un posto incantevole. Ci sono anche qui problemi da risolvere ma questa è un altra storia ed oggi non ve la racconto.
Torniamo alla nostra eroina.

Ciao, io sono Giulia e vi voglio raccontare una storia.
Un bel giorno, giù in piazza, ho sentito una novità, il sindaco del nostro Comune ha deciso che per la scuola ci voleva Internet. Ci voleva qualcosa di moderno. Ha detto “ al passo con i tempi” come in città.
Che parolone.
Qualcosa che permettesse alla scuola di parlare con le altre scuole della valle.
Il Livio, il sindaco, ha detto di aver sentito che in una scuola di città hanno Internet. Si può studiare meglio e vedere cose che, altrimenti, si potrebbero solo sognare. C’erano tante persone che lo ascoltavano e facevano domande ma non ho capito bene tutto il discorso.

Oggi a scuola.
E’ una bellissima giornata, c’è un bel sole; sarebbe meglio giocare.
Entro in classe e l’insegnante ci dice la cosa che avevo già sentito in piazza: “è arrivato Internet anche qui e ci stanno mettendo i computer.
Pensate che ne metteranno 15 nell’aula di quinta che quest’anno è libera”.
Bene, ho pensato, siamo in trenta scolari, ma se andiamo una classe per volta dovremmo averne a disposizione almeno uno a testa.
Toc, toc! Bussano! E’ il sindaco: entra in classe e in dialetto ci dice che c’è questa novità, “è arivà i compiuter”. Pensate che ce li ha regalati un’associazione che si occupa di Trashware.

Non so esattamente il significato della parola, ma era scritta sulla lavagna. Il Livio dice che recuperano tutti quei marchingegni che in altri istituti sarebbero stati buttati perché troppo vecchi. Poi con l’aiuto di un gruppo di volontari ci installano sopra un programma.
Mi sembra si chiami Linux.
A vederlo sembra un pinguino ma penso che sia solo una cosa pubblicitaria.
Il Livio ci spiega che anche lui non sa benissimo come lo si usi ma che le nostre insegnanti provvederanno a farci lezione anche su quello.
Per prepararci meglio al nostro futuro.
Ci ha anche detto che “senza quei cosi, no se fa pù gnènt, però la polentina la devènta bòna istés”.
Che ridere.
Il Livio è un vecchietto, il mio papi dice che si deve dire anziano, molto divertente, racconta anche le barzellette e gioca con i bambini.
E’ sindaco da molti anni.
Riprendiamo la lezione e dopo la ricreazione la maestra ci porta nell’aula dei computer.
Sembrano delle vecchie scatole scassone, un po’ malmesse ma hanno una bella tastiera. Hanno anche una televisione, ma la maestra ha detto che si chiama video.
E poi un cosino nero con una rotellina, ha un filo che sembra un codino; la maestra ci ha detto che si chiama “maus”.
Maus, che nome strano per quel coso… devo chiedere al papi cosa significa. Il papi è stato a lavorare all’estero per un po’ di anni. Mi ha detto che questa parola in tedesco significa topo.
Boh, però a pensarci bene, sembra proprio un topolino nero con il codino ma senza le orecchie. Non ha neppure le zampine.
Vabbè, continuiamo la lezione.
La maestra ci racconta una cosa fantastica: se si scrive qualcosa con la tastiera e si sbaglia, lui, il computer, ti fa vedere gli errori. Ho fatto subito una domanda alla maestra: “ma il computer sa scrivere i compiti da solo?”.
La maestra ha detto che no, il computer non fa le cose da solo ma ci può aiutare ad esempio a correggere senza che si vedano gli errori o le cancellature.
Lo accendiamo, c’è un pulsantone con scritto Power e subito si accende il video e vediamo un bel pinguinone che è lì in mezzo allo schermo con una scritta, che non ricordo, ma fa lo stesso.
La maestra dice che il pinguino è il simbolo di un sistema per computer.
Possiamo portarcelo anche a casa e se abbiamo un computer caricarglielo dentro.
Che bello, però chissà quanto costa questa cosa fantastica che ci fa vedere le immagini e ci permette persino di scrivere, anzi, vi dirò di più, sono sicura di avere sentito anche una musichetta.
E’ divertentissimo questo coso.
E’ anche pieno di animali questo Linux.
Ero sicura di avere visto un toro mentre la maestra ce lo mostrava e le ho chiesto come mai c’era lì un toro. La maestra, che è sempre molto gentile, mi ha detto che non si trattava di un toro ma di uno Gnu.
Una specie di mucca africana.
Ci ha anche detto che è il simbolo che messo assieme al pinguino ci fa capire che stiamo usando dei programmi liberi. Ha detto anche che il Linux si chiama Gnu Linux.
Una coppia divertente, un pinguino e uno gnu.
La maestra ci ha detto che quel programma, lo Gnu pinguino Linux, è stato inventato da un signore che vive molto lontano.
Ha detto che ci sono migliaia di persone che lo hanno aiutato e che lo aiutano tuttora a migliorarlo. Una specie di corpo dei pompieri volontari, come quelli che abbiamo anche noi in paese.
Hanno una bella divisa, sapete?
Aiutano la gente quando succede qualche disgrazia e fanno anche la festa di metà agosto.
Mi piace quella festa, fanno sempre i grostoli per i bambini e ci chiamano sul palco per un regalino.
E poi arrivano anche le giostre.
La maestra dice anche che un giorno potremo aiutare anche noi quei signori che hanno fatto Linux. Intanto però basta che ci limitiamo ad usarlo visto che è libero e quindi anche nostro.
E non costa niente.
Abbiamo provato a fare un giochino e abbiamo provato ad usare il “topo”, ma non sono ancora tanto brava.
Finita la lezione abbiamo parlato dell’Africa e degli gnu.
La maestra si è dimenticata di parlarci dei pinguini.
Arrivata a casa, ho raccontato tutta questa storia ai miei genitori.
Pensavano fosse una favola. Il mio papà mi ha accompagnata il giorno dopo a scuola.
Doveva parlare assolutamente con la maestra perchè non capiva cosa dovesse comprare di nuovo. Io sono entrata in classe e dopo un po’ è entrata anche la maestra.
Il mio papà se n’era già andato a casa.
Non ho avuto il coraggio di chiedere alla maestra cosa si fossero detti.
Oggi non siamo andati in sala computer. La maestra ci ha insegnato una bella poesia e io sono contenta lo stesso.
Era una poesia difficile e dobbiamo impararla a memoria.
Però era molto bella, parlava degli gnomi del bosco. Rientro a casa per pranzo e il papà mi dice che avevo ragione, il Linux è un “coso” libero, non costa niente.
La maestra gli ha dato un dischetto che lo contiene.
Ma ha aggiunto, “non abbiamo ancora il computer”.
Però non si sa mai che non si convinca a comprarlo per Natale.
Oggi non vado a scuola, stiamo andando a funghi.
E’ una bella giornata e saliamo sulla montagna in alto.
Il mio papi dice che ci sono troppi turisti e siccome lassù non vanno, perché si fa fatica, dovremmo trovare un bel po’ di “brise e finferle”.
E’ bellissimo, quassù, ho visto uno scoiattolo ed anche un capriolo, ma è scappato subito. Credo che lo abbiamo spaventato.
Poi il papi mi ha fatto vedere le montagne, lontane lontane.
Ha detto che sono le cime del Brenta.
Che belle, sono tutte rosa.
C’è un buon profumo di fiori e si sentono i campanacci delle mucche, però è pieno di mosche.
Le mucche fanno le loro cose dappertutto e attirano le mosche.
Il papi dice che è una cosa naturale.
Però puzza e le mosche danno fastidio.
Arriviamo in una baita facciamo una pausa e mangiamo un panino e il papi mi dice: domani vado in città e vediamo se riesco a comprarti un computer così ci mettiamo sopra il Linux che ci ha dato la maestra.
E’ carino questo nome, vero?
Linux.
Sembra il nome di un gattone, invece è un pinguino, amico di uno Gnu.
Mi fa ridere molto questa cosa. Ma lo gnu come fa a conoscere il pinguino?
La maestra dice che uno abita al polo Sud e l’altro in Africa. Che si siano conosciuti in Internet?
La maestra dice che Internet serve per comunicare con altri anche se sono distanti. Io penso che lo gnu e il pinguino non sappiano scrivere.
Forse sono amici lo stesso.
Sta tramontando il sole e scendiamo a valle.
Racconto alla mamma di tutto quello che abbiamo visto, ma non del computer.
Il papi ha detto che è una sorpresa.
Muoio dalla voglia di dirglielo lo stesso, però.
La mamma ha fatto i funghi con la polenta, erano buonissimi.
Uffa, sempre a dormire presto.
Oggi a scuola andiamo in sala computer.
Non si studia, finalmente.
Sbagliato.
La maestra ci ha raccontato tantissime cose nuove.
Ci ha parlato anche di associazioni e di volontariato.
E’ così difficile ricordarsi tutto.
Ci ha dato anche un compito che dobbiamo portare la settimana prossima.
E’ un tema nel quale dobbiamo raccontare a cosa pensiamo che serva il computer.
Difficile.
Era meglio aritmetica. E poi ce lo fa usare poco.
A casa ho chiesto alla mamma come mai il sindaco abbia preso i computer usati invece di prendere quelli nuovi.
Lei mi ha detto che il sindaco deve pensare a tante cose.
I soldi sono pochi quindi, se non era indispensabile comprare marchingegni nuovi, si sarebbe rivolto a quella associazione che mi pare recuperi i computer giù in città. Io ho chiesto il motivo.
Lei mi ha detto che i soldi sarebbero serviti a fare altre cose.
Ad esempio a non farci pagare i libri di scuola o il pullmino per quelli che vivono nei masi lontani dal paese.
In fin dei conti i computer dell’associazione con il Linux gratuito erano sufficienti.
Però sono vecchi scassoni, ho detto io.
La mamma mi ha sgridato dicendo che anche se sono vecchi fanno lo stesso il loro compito. Non serve buttare via i soldi per avere qualcosa di nuovo che costa di più e fa la stessa cosa.
Sapete che c’è un gioco bellissimo con un omino che spinge delle scatole in un labirinto e le deve mettere tutte in fila nel posto giusto?
E’ molto difficile, se si sbaglia bisogna rifarlo.
Si chiama Ksokoban. Lo so perchè ho scritto il nome sul quaderno di brutta.
C’è anche quello dell’uomo patata.
Poi ci sono tante altre cose: un coso per disegnare, un altro per scrivere, e uno per andare in Internet, ma io non so cosa sia e la maestra ha detto che ci insegnerà anche quello quando saremo un po’ più preparati.
La maestra ha detto navigare… ma non ho capito. Non è mica una barca.
Però, questo pinguino Linux ha un mucchio di belle cose e ci sono anche i giochi!
Andare in sala computer solo una volta alla settimana mi sembra un po’ poco perché quelli di terza ci vanno due volte e io penso che non sia giusto.
Oggi la maestra ci ha portato un fiore e ci ha spiegato come è fatto: i petali, lo stelo, la corolla e … non mi ricordo però è stato bellissimo, era del colore delle montagne che ho visto andando a funghi. Poi la maestra ci ha fatto vedere il fiore anche sul computer.
Quello vero era molto profumato mentre questo non aveva nessun odore.
Meglio quello vero.
Nascosta vicino alla scrivania ho scoperto una macchina con dentro tanti fogli di carta.
Il mio papà ha detto che è sicuramente un fax, ma la maestra ha detto che è una stampante.
Ci ha fatto vedere come funziona. Si possono scrivere sulla carta tutte le cose che si vedono nel computer, ma ci ha detto di usarla solo se serve veramente perché per fare la carta servono tanti alberi.
Gli alberi ci servono per vivere e quindi non dobbiamo sprecarla.
Bello questo computer che ci permette di non sprecare la carta.
Scrive la carta da solo, basta premere un tastino.
La nostra maestra è brava, ci insegna sempre tante cose buone e interessanti.
Oggi è venuto un signore di quelli che fanno il Linux.
E’ venuto da un paese qui vicino.
Ha detto tanti paroloni e non si capiva niente però alla fine ci ha raccontato che in Africa e nei paesi poveri il Linux viene usato per permettere a tutti di poter imparare cose nuove senza dovere spendere soldi.
Io non ho capito tutto, però la maestra ha detto che era una cosa bella.
Ci sono tanti poveri in Africa.
Che peccato, però.
Lo ho raccontato anche alla mia mamma ed al mio papà e anche loro mi hanno detto che risparmiare la carta è una cosa buona.
Non mi hanno detto niente del Linux, però io so che il mio papà, di nascosto, la sera va in un paese vicino e sta imparando ad usare anche lui il Linux.
Il mio amico Marco ha detto che c’è una specie di gruppo di persone che insegnano ad usare Linux in un paese poco distante da qui.
Ma ha detto che è solo per i grandi.
Uffa, sempre i grandi. Io non capisco tantissimo di tutta questa cosa ma so che quando ne parlo tutti sono contenti e mi dicono che è bella.
Esco da scuola e salgo verso casa.
Non vedo la macchina e penso che sia successo qualcosa.
Poi la mamma mi dice che il papà è sceso in città per fare delle commissioni.
Mi mangio una bella fetta di strudel per merenda, è una brava cuoca la mia mamma. Lo strudel è buonissimo, ci sono anche le noci e i pinoli.
Forse il papi compra anche il computer.
Così poi ci mettiamo dentro il Linux.
Magari insieme, che ci divertiamo tutti quanti.
Passo il pomeriggio a giocare con il cane, abbiamo un bel cagnone nero di nome Stella.
Arriva il mio papi e quando scende dalla macchina toglie uno scatolone.
Evviva, ha comprato il computer.
La Stella abbaia forte, forse è contenta anche lei del computer.
Il papi è andato da quell’associazione del Linux.
Gli hanno regalato un computer un po’ vecchio ma che funziona bene.
Il papi ha detto che per cominciare va bene così e che, se in futuro servirà qualcosa di più, ne prenderemo uno diverso.
Per intanto non abbiamo Internet, ma la maestra ha detto che quando saremo un po’ più grandini potremo imparare ad usare anche quello.
Il papi ha detto che per intanto andremo insieme in biblioteca al paese e proveremo questo Internet lì, poi si vedrà. Il mio papà e la mia mamma sanno sempre scegliere le cose giuste per me. E cercano sempre di non sprecare nulla.
Domani vado in gita con i miei sul lago di Tovel, magari diventa tutto rosso…
E’ venuto anche il nonno a vedere il computer.
Gli ho spiegato che fa tante belle cose.
Lui ha ascoltato e mi ha detto in dialetto:
“le machine, l’è machine. Se no te ghe meti la tò testa l’è sol en tòc de fèr”.
Forse ha ragione il nonno, intanto ripasso la poesia.

Giulia

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