Terlaìna – Ragnatela

Giorno 5, fine luglio 2015

un addio

Stamattina va così: vicino al portico, intorno al portico, c’è una casa vecchia, no si dice antica, credo sia una di quelle più antiche qui in paese, si racconta abbia almeno 500 anni ma è un dettaglio ininfluente su questa storia.

Un piccolo poggiolo attorno a un bagno pitturato di bianco a calce viva. Le ringhiere marrone, come una volta spesso si  usava e gli scuri, alcuni marrone ed altri verdi e alcuni, in basso, credo rossi, ma potrei sbagliare.

In questa casa abitava un amico: el Bepo Cassèla. Lo conoscevo sin dai primi passi (miei), lui frequentava il bar della nonna e era una presenza costante e leggera in questo angolo di paese: i Bròili.  Sì, forse nessuno se lo ricorda questo nome antico ma questo è il nome di questa zona del paese che, in origine non era percorsa da nessuna strada, la provinciale SP71 (del repèz come la chiamo io in confidenza [non si è mai lamentata]) è arrivata solo nel 1927 ma prima qui c’erano solo frutteti e orti. Ricordo da bambino le scorpacciate di marasche dagli alberi dell’orologiaio del paese, el Fabi, tanto la colpa era sempre dei merli che sanno benissimo tutti quanti sono golosissimi di ciliegie e di tutta la frutta dolce. Ma torniamo al Bèpo, al tempo della mia infanzia non abitava in quella casa che accerchia il portico ma in quella subito sotto, separata da una piccola “fraona” pavimentata con sassi rotondi. La casa è ancora lì, sopra la mia, fa la guardia al traffico che percorre la valle in “tutte le direzioni“, è piccola e Nane, lo zio del Bèpo l’aveva ristrutturata almeno 40 anni orsono. Due stalle e il piano superiore, ecco, Bèpo credo sia nato lì nel 1958. Ha lavorato molti anni in albergo e ad un certo punto si è dedicato con forza al trasporto su rotaia: lavorava in stazione a Bolzano, non saprei dire quale fosse il suo compito ma lo ha portato avanti per molti anni.

Prendo un caffè e due panini all’uva, aspettate un attimo che devo discutere della questione orsa JJ4 con Matteo, uno dei titolari dell’oreficeria. Due banane, per cortesia! No, questo non è successo allora, questo succede nel momento del ricordo mattutino. Superata la soglia della sopportazione (per Matteo) riprendo la strada di casa e proseguo nel pensierino del giorno.

Una domenica pomeriggio o un sabato, esco dalla doccia con l’accappatoio bianco e la testa coperta da un asciugamano chiaro. No, i capelli erano quelli che ho adesso quindi era solo per non prendere un raffreddore. Esco in terrazza e noto che il Bèpo sta fumando la sua solita sigaretta su la “córt de la grassa” di casa sua. Io non fumo ormai da alcuni anni, i medici continuano a segnalarmi di smetterla col fumo ad ogni radiografia ma la tiritera è diventata ormai consuetudine  e li lascio dire. L’amico di sempre si gira di scatto e mi urla, come suo fare: “Ès dré che sbianchéges, Giuliano?”, e io: “Ma no, sto mes gh’è tocà ancöi el dì de la dòcia”, “Boh, me paréves vestì su col tòni da pitor!”.

Lo ritroveranno accasciato vicino alla macchina, subito prima del ponte di MontePeloso, pare sia stato un infarto, era andato a Brusago a prendere le sigarette e al ritorno si era sentito male.
L’ho salutato in chiesa, e devo ammettere che l’assenza si sente spesso, era una persona sincera e a modo suo delicata.
Riporto qui la poesia che scrissi per l’occasione, si intitola Mormorèl che è un nome inventato che deriva da mormorio, il rumore dell’Avisio vicino al suo maso e da morèl, rosso scuro come il suo vino:

Mormorèl…

la canta na slòica la vècia Lavìs
la smóndola i cròzzi col sò momolàr
la vècia fontana la scolta tasèndo
canzon già sentùde almén par en tòch

se sente na voze via ‘n mèz ai filàri
la ride e la brèghela stòrie ‘ncantade
i érge ‘n te ‘n céver congiàl de qoél négro

pan pian va gio ‘l sol e se ‘mpìza na stéla
l’è qoel tò sorìso a ‘mbombirme la nòt
l’è ‘n baso sui làori ‘l saór de brascà
el lassa ‘n la sera ‘l pensér che ti ès chi

racconta una filastrocca il vecchio Avisio | arrotonda le rocce col suo biascicare | la vecchia fontana ascolta in silenzio | canzoni già udite, almeno un refrain | si sente una voce in mezzo ai filari | lei ride ed urla forte storie incantate | si svuotano bigoncie di nero nella tinozza | piano piano tramonta il sole e si accende una stella | è quel tuo sorriso a impregnare la notte | è un bacio sulle labbra il sapore del mosto | e lascia nella sera il pensiero di te

Ho scritto: “un addio”, in realtà avrei potuto scrivere “un ricordo” ma che ne sa del Bèpo chi non lo conosceva?

C’è un angolino di cuore dove ci sono tutte le persone che amo e che ho amato, anche lui.
Spero sia grande abbastanza per contenere tutti.

Andiamo avanti, sempre.

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4 risposte a “Terlaìna – Ragnatela”

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