sora tùt…
no l’è niènt, dalbòn, qoel lìve
i ‘mpitùra vòlti a bót con la barba tùta céndro
e qoéi altri i lo sbianchégia che la fàcia no la gh’è
valgun altro ‘l se ‘n ghinòcia e par dedré vèn el futuro
ma de dént ai mé penséri mi no ‘l gàto ‘n nessun bùss
el me par sol ‘mparmalós dré a le gènt che le se ‘nzìspa
e po’ i sbàra a bòtaciùch su chi gira ‘l òcio ‘n vòlta
salta för s-ciòpi e reson còntra chiche no obedìss
tut de ‘n tràt canta gio slòiche un co ‘n ciànt nèt de lessìva
ma da ‘l altra barbe négre che siràca a profusion
mi no ‘l gàto ‘n nesun posto, qoél bòn òm che è sóra tut
rèsta ‘n spègio ogni domàn par desqoérger le matàde
de qoél un co i òci bàssi che ‘l recòrda qoanche ‘l pèten
el tegnìva a posto ‘l bosch
no l’è niènt, dalbòn, qoél lìve,
sol la ponta de ‘n cortèl
Giuliano
sopra tutto…
non è niente, davvero, quello lì | si dipingono le cupole con la barba color cenere | mentre altri imbiancan tutto ché quel viso non esiste | qualcun altro si inginocchia ed incontra il futuro da dietro | ma dentro ai miei pensieri non lo trovo in nessun luogo | mi sembra solo un poco permaloso visto il livore di chi lo segue | e poi spara all’impazzata verso chi la pensa diversamente | saltano fuori fucili e ragioni contro chi non obbedisce | tutto d’un tratto canta una filastrocca uno vestito con una gonna bianca appena lavata | e dall’altra barbe nere che si adirano in continuazione | non lo traovo in nessun posto, quel buon uomo che è sopra tutti | resta uno specchio ogni mattina per far affiorare le pazzie | di quel tipo con gli occhi bassi che si ricorda quando il pettine | gli teneva a posto il bosco | non è niente davvero, quello lì, | solo una punta di coltello.
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E con sta poesia ti sei giocato l’inserimento nelle future antologie. Perlomeno in quelle approvate dal Ministero. La mia stima per te, invece, solo aumenta. Non la penso esattamente allo stesso modo, solo quasi, ma proprio per versi come questi, per come sono scritti e per il solo fatto che li hai scritti, continuo a pensare che tu sia tra i pochissimi poeti che conosco.
Questo Signore è uno dei pochissimi Poeti davvero sinceri e che continuano a cantare il “male di vivere” di questi nostri tempi assai bui e tristi, dicendo tutto senza mezze misure o termini ambigui, eppure sempre con grande eleganza, usando immagini vivide e sempre originali – talvolta delicate e altre volte brutali, però mai ermetiche. E senza alcuna preoccupazione di poter piacere o meno a chiunque!
Cosa vuoi farci caro Guido, in fondo il bisogno di raccontare prevale sempre, perlomeno nella mia anima.
Grazie
Non mi interessano i Ministeri caro Daniel, tu lo sai, mi interessa l’uomo.
Grazie dell’apprezzamento.
Raccontami i tuoi segreti….quelli della tua lingua che scivola sui concetti e si impunta sulle parole. Raccontami cosa vuoi raccontare.sembrano così duri i tuoi versi. …ma sono così delicati….
Che dire in aggiunta? Hai già capito cosa volevo dire… non c’è altro da aggiungere.
Grazie della visita
Ciao Diablo
“a ogn’un la sò cros, a ogn’un le sò strace, vivi e laga viver se vòs campar en paze!” Anch’io la penso come Suchert Daniel Di Schuler.
Stame ben
Iaio
Vi sembrerà strano ma la penso esattamente come voi, la mia è solo una constatazione.
La tua, caro Diaolìn, è molto più che una semplice constatazione.
“…che ‘l recòrda qoanche ‘l pèten el tegnìva a posto ‘l bosch…”.
A me rimane sempre la fatica dell’interpretazione e mi domando perché Guido Comìn avverte la necessità di dire “mai ermetiche”.
Il messaggio, pur fra immagini a volte molto dure e a me non sempre chiare, comunque arriva, in tutta la sua crudezza: “…no l’è niènt dalbòn, qoél lìve,sol la ponta de ‘n cortèl.
Forse Guido Comìn conosce un po’ meglio il mio punto di vista su questo aspetto della nostra esistenza.
Quando ero ragazzo (el bosch 🙂 ) avevo un altra idea ma il tempo è stato feroce e me l’ha fatta cambiare.
A dire il vero non credo sia stato il tempo.
Grazie del commento